POESIA IN PIEMONTESE DI CARLO DARDANELLO
BIO CARLO DARDANELLO
Confesso di non amare le biografie per cui della mia vita offro solo qualche didascalia significativa
Del 1957
a 11 anni in Spagna in bicicletta e successivamente fino ai 13 anni Berna, Bonn, Bruxelles, Parigi sempre in bici, si mangiava ai bordi delle strade qualche pastasciutta cucinata su fornellini ad alcool e latte crudo per colazione
motocrossista in anni adolescenziali
laurea in giurisprudenza Università di Torino (la stessa e gli stessi professori di Ugo Mattei) e diritto canonico Pontificia Università Lateranense
esperienze professionali varie: giurista, amministrazione di fondo pensione, bancario, dirigente sindacale, avvocato ecclesiastico. Mi hanno dato un’esperienza in campi economici e umani che la scuola e l’università non riescono a dare. In più occasioni mi sono trovato ad affrontare i “poteri forti” da cui non sono mai uscito vincitore ma nemmeno sconfitto
negli anni 80 ho frequentato un corso di teatro piemontese con Gipo Farassino e Camillo Brero da cui è iniziato il mio amore verso la poesia in lingua piemontese e la Compagnia dei Brandé
da circa 8 anni ho ripreso la passione per la musica frequentando corsi di sassofono e clarinetto e partecipando a vari ensemble orchestrali e di musica jazz
appassionato motociclista in anni recenti ho partecipato al concorso Peaks the peak di una rivista specializzata ricevendo un premio per la maggior altitudine di passi alpini raggiunta
Insomma mi sono sempre reinventato cercando di non soggiacere ad alcun compromesso che non mi lasciasse libero
MIE PUBBLICAZIONI LETTERARIE
Amici di Piazza – Mondovì 1982
Edizioni “ël pèilo” – Mondovì
Nen viré ‘l cher ëndré
(nuova poesia in lingua piemontese)
EL SAPEL D’ARTABAN 1993
Edizioni «Ël Pèilo» Amici di Piazza – Mondovì
LE POISÌE DLA CANTARAN-A 2018
Edizioni Primalpe-Cuneo
Oltre a numerosi saggi e recensioni su riviste specializzate e mostre d’arte
Qualche altra suggestione si può trovare in questo video dove, il Prof. Sergio Maria Gilardino e Giuseppe Goria illustrano criticamente la mia poetica: https://www.facebook.com/carlo.dardanello/videos/10220728363152510
Poesie inedite
J’È PÌ L’EVA ‘NT ËL GESIE
j’è pì l’eva ‘nt ël gesie
l’eva santa ch’a benedìo
a Praja ël saba sant
ëd mentr a lun-a vaciava ‘nt ij poss
l’arsurression
J’han cangiala con un toiro tòssi
për la tera e për ël man
Manch pì sgoré nòstri frabosan dricc e ficc ënt la tèra
i poma
L’ombre s’ërcòlo al mistà
I crovo dai veri catedraj l’ale dj angej
Ij diav i grigno ‘nt i confessionaj
Manch pì ël silensi ma ‘n rolé scavicc ëd pree
Saruss la paròla sl’autar
NON C’È PIÙ L’ACQUA NELLE CHIESE
Non c’è più l’acqua nelle chiese
L’acqua lustrale che benedivano
a Praglia il sabato santo
mentre la luna monitorava nei pozzi
la resurrezione
L’hanno sostituita con un intruglio velenoso
per la terra e per le mani
Manco più pulire i nostri coltelli conficcati alla perfezione nella terra
possiamo
Le ombre si rovesciano sulle immagini
Piombano in terra dai vetri cattedrali le ali degli angeli
I diavoli sghignazzano nei confessionali
Neanche più il silenzio ma un rotolare disordinato di pietre
Brivido di porta che cigola la parola sull’altare
TRIESTE 18 ottobre 2021
Zucalòt ababià contra caloton ëd rosari
plenta d’òm o d’òja?
Chi elo ch’o piora? Fomne, mari, seure, grande
da la gelàpa e dal gibr anorfantìe
ëd lacc talèfe l’è vòstr dolor
e cola s-cirpa sversà
cramondo dla lege!
St’otogn ël feuje crovo pì
sla lopa e s’ij pniss
ma s’ël tarabasché dl’onde mineuje dël pòrt
Pezzi di legno allocchiti contro pugni di rosari
preghiera di uomo o di aquila?
Chi è che piange? Donne, madri, sorelle, nonne
dal liquido cattivo e dal gelo instupidite
di latte contaminato è il vostro dolore
e quella fascia rovesciata
bestemmia della legge!
Quest’autunno le foglie non cadono più
sul muschio e sui ricci
ma sul chiacchierio delle onde lente del porto
SEIBALGA* (Finestra dell’anima)
E’ tutto concordato
si staccheranno per prime le foglie straniere
per prime ad aggiungere il decimale a 0,99
L’anima è l’animale che vuoi
come lo chiami il freno che non frena
ma non è rotto?
“Sconsiglio ogni evento della storia” –
dirà il Natale
Il mondo è chiuso per il tuo bottino
si interroga sulla profondità
ma vede solo sederi ubriachi
sulla spiaggia di Rimini
E tu, ulivo, il più obliquo delle piante
il più semaforico
Il più forsennato delle feste-lucertola
è tovaglia il tuo sguardo
La scienza è non sapere che è vero
Ds lai ds antwort
fundairum* di risposta
*Seilbalga, minuscola finestra all’estremità superiore della parete verticale, proprio sotto al tetto, di solito nella parte posteriore della casa Walser, per la quale la credenza popolare voleva che uscisse l’anima del caro estinto subito dopo il decesso (da Sergio Maria Gilardino, I Walser e la loro lingua, dal grande nord alle alpi, dizionario della lingua walser di Alagna Valsesia, Zeisciu ed.,2008). Il
*fundairum: parola del mio lessico familiare indica il residuo, il fondo torbido del vino nella bottiglia
MI SCRIV NEINTA ‘D POISÌE
Mi scriv neinta ‘d poisìe
ma la rivolussion dël paròle
minca mistà ch’i foson
a l’è ‘l ghëddo ‘d na canson comaronà
S’ëstà bin cogià ‘n sl’erba dle Aròte
bèiche ch’i j’han ël përfum dj artusin
Ei! J’artusin, mastìo pan ëd fugera
e scopà ‘d proverbi che ‘l temp o congia pì
quinto ëd se ore d’orgiassa
ëd mentr o destin s-ciancrignola l’anima
ëd mentr i ciacòt con l’avije
na gorà al fontanin, mia patria
IO NON SCRIVO POESIE
Io non scrivo poesie
ma la rivoluzione delle parole
ogni immagine che tesso
è il tono di una canzone biascicata
Si sta bene sdraiati nell’erba delle Arotte
sguardi che hanno il profumo di rododendri
Sì! I rododendri, masticano pane di felce
e borgate di proverbi che il tempo non confeziona più
raccontano di queste ore di farina di patate e segale
mentre il destino fa a brandelli l’anima
mentre contendo alle api
un sorso al fontanile, mia patria
ANVÌA ‘D FEUGHI
Anvìa ‘d feughi arlongh ël rive
facc ëd povre e riso com i veu’ la bisa,
l’aria sotana ch’a fa bogé la rama
boneur për na smana,
feughi matotin për benedì
rivass da strop
s-ciancrignolà ‘nt o sango dij mari
feughi da orassion, snojà
se ‘l vent o va ‘d garela, ëd ghinda, ëd ghignarda.
Cos veuti arzigné për un feu parej?
Na cun-a ‘d levr ëndrinta la paròla
land it è mai stacc vagnà
VOGLIA DI FUOCHI
Voglia di fuochi lungo le rive
fatti di polvere e ruggine come li vuole la tramontana,
l’aria sottana che fa muovere il ramo
fortuna per una settimana,
fuochi adolescenti per benedire
erte da pascolo
stracciate nel sangue delle madri
fuochi da preghiera, inginocchiati
se il vento tira di traverso, sghembo e beffardo.
Quanto vuoi scommettere su un fuoco così?
Una culla di lepre dentro la parola
dove non sei mai stato vinto
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