POESIA DI FRANCESCO MACCIÒ
La poesia di Francesco Macciò è un testo nello stesso tempo leggero e profondissimo, che abbina a elementi del corpo e dello spirito tinte infantili e , siccome la sensibilità intuitiva è quella più vicina al cuore delle cose, i colori diventano sapienziali, sciamanici. Nella struttura dei versi gli enjambements cuciono le fibre delle essenze e delle immagini. La rassegna di ciò che siamo sempre stati, scivola infine verso la contingenza che stiamo vivendo: la protesta e la difficoltà della parola, le nostre intermittenze emotive. Francesco Macciò recita questa poesia accompagnandosi con il bodhran, un tamburo di origine irlandese, da cui ricava suoni ancestrali. A questa dimensione primigenia così evocata, vogliamo accostare gli studi di René Girard su quelli che l’antropologo francese chiamava gli “stereotipi persecutori” e che sono prepotentemente riemersi in questo periodo ai danni di chi non ha voluto aderire alle regole imposte dal potere statale: “ Il senso dell’operazione consiste nel far ricadere sulle vittime la responsabilità della crisi e nell’agire su questa distruggendo tali vittime o perlomeno espellendole dalle comunità che esse ‘inquinano’.”( R. Girard, Il capro espiatorio)
Commenti
Posta un commento