LA POESIA DI ANILA HANXHARI


Di Anila Hanxhari mi ha sempre sorpreso, colpito positivamente, l’intensità dell’emozione dentro il verso, la forza espressiva che rende il suo testo un oggetto molto materico, felicemente carico e denso. La singolarità della sua voce aveva reso naturale il suo inserimento in un’antologia generazionale come Nuovissima poesia italiana, accanto alle figure più rilevanti, fino a quella fase (2006), tra i poeti nati negli anni Settanta. La poesia di Anila era caratterizzata, allora, da una sorta di visionarietà, da un accumulo di immagini quasi frenetico, e tale da venire a comporre una realtà testuale molto complessa e per certi aspetti oscura, quanto meno a un primo approccio. Un primo approccio che, proprio per queste ragioni, proprio per la superficie assai variegata ma apparentemente catafratta del testo, induceva a una perlustrazione ulteriore, a un inoltrarsi successivo, graduale, sempre comunque decisamente molto remunerativo.

La sorpresa di questo suo nuovo libro nasce in modo evidente dal coesistere della sua tipica e quasi inconfondibile energia espressiva con una tensione del tutto nuova verso una maggiore, netta necessità di comunicazione. Il testo, dunque, ne risulta insieme ancora ricco di energia ed emozione, eppure, a suo modo, più aperto, leggibile, immediato. Devo ammettere che a una prima lettura ero rimasto un poco perplesso, perché mi sembrava che la forza e l’originalità della poesia di Anila si fosse in qualche misura perduta. Ma mi sbagliavo. Diverso è qui il progetto, diversa è la necessità che le tematiche stesse, la vitalità degli affetti, vengono a proporre. Anila entra con coraggio anche nel tema della lirica più in fondo abusato e difficile da trattare, quello dell’amore; ma riesce a farlo con solida concretezza e senza abbandoni o cedimenti, e dunque conferma, su modalità e registri rinnovati, l’autenticità della sua vena poetica. Insomma, questa ragazza albanese è una delle voci più attendibili e mature della nostra giovane poesia.

Maurizio Cucchi

 

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