TESTO DI ALESSANDRO ROLANDI




Nota di Paolo Gera

La composizione ha una versificazione, seppure eccedente il metro, che ne certificherebbe l’ascendenza poetica, ma è più affine come contenuto a un racconto distopico il cui nume tutelare potrebbe essere Philip K.Dick. La paranoia dellla sorveglianza assillante, che negli anni di Dick derivava dalla politica maccartista, è in questo brano l’amplificazione della situazione di controllo, in anticipo su qualunque tipo di futuro, voluta dall’attuale capitalismo tecnocratico nella nostra scoietà. L’ibridazione dei linguaggi cercata da Rolandi non porta tanto a una situazione descrittiva, ma a una tensione, a uno slancio in cui l’idea originaria raccoglie come un magnete tutte le scorie metalliche che a quella si agganciano. Il corpo e l’amore si definiscono frontiera ultima di libertà, come nella poesia di Prèvert “I ragazzi che si amano”, ma se là la felice sfrontatezza suscitava invidia e rimproveri, qui ha la forza di mettere in moto in maniera capillare il sistema della chiacchera social e quello poliziesco, non più soltanto statale, ma universale. Gli amanti di Alessandro Rolandi rievocano allora i divieti brutali a cui va soggetta la relazione ‘illegale’ di Winston e Julia, in “1984” di George Orwell. E il futuro distopico/utopico? O il Metaverse, sesso senza più alcun contatto fisico, o davvero pioggia di amanti…

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