MONICA FERRANDO, LA PASSIONE DELL'ELEZIONE: DAL SERVO ARBITRIO AL SERVO SGUARDO di Paolo Gera

 


Monica Ferrando, L’elezione e la sua ombra, Il Cantico tradito, Neri Pozza, 2022


‘Elezione’ è un termine di origine religiosa che è disceso, attraverso le forme istituzionali della democrazia moderna a indicare, una competizione di tipo politico: gli eletti non sono più unti del Signore, ma individui scelti dal voto, più o meno influenzabile, delle masse nazionali. Negli ultimi anni il significato originario sembra ritornato in auge, attribuito a una casta di invisibili le cui decisioni influirebbero in maniera imperscrutabile sulle sorti degli uomini. In questo senso l’emergenza pandemica ha messo bene in evidenza questo carattere oscuro e imprevedibile dei gestori del potere. Elias Canetti affianca sinistramente il suicidio di massa (
“Uomini, donne, bambini, tutti reciprocamente si uccidono finché non rimane più altro che il mucchio dei propri morti.”) all’epidemia: “Nell’epidemia si ha il medesimo risultato, il quale però non è deliberato(…), e pare imposto dall’esterno da un potere sconosciuto. Passa molto tempo prima che l’esito ultimo sia raggiunto, e quindi si vive tutti in un’eguale terribile attesa, durante la quale si sciolgono i consueti vincoli degli uomini”(Elias Canetti, Massa e potere, Bompiani, 1990, trad. di Furio Jesi, p. 331).  Un potere sconosciuto ha imposto la diffusione del Covid 19 e questo potere fluttua ambiguamente fra un destino non controllabile da far risalire a una natura matrigna e un altro che rientra nel campo delle responsabilità umane, attraverso le manipolazioni di laboratorio promosse da un gruppo di eletti e dal loro terribile progetto di controllo sulla vita e sulla morte.

Il compito dello studioso è non scivolare nel fanatismo di certe frange visionarie, che gridano al lupo, senza seguirne le tracce insanguinate,  ma di risalire alle origini per poi ricostruire il processo storico sino agli esiti dei nostri giorni. Questo è l’intento profondo di Monica Ferrando nel libro “L’elezione e la sua ombra, Il Cantico tradito.

Il punto dirimente è il disconoscimento da parte di Martin Lutero della radice ebraica dell’elezione religiosa  di cui parla San Paolo nella Lettera ai Romani e il passaggio del testimone ai gentili della Chiesa riformata. Questo mutamento riguarda anche il trasferimento di un potere in origine politico, riconoscibile nella Chiesa romana, a quello economico del capitalismo e da un punto di vista geografico dal Sud al Nord dell’Europa. Nel libro sono riportate le teorie di Max Weber: il puritanesimo dà il colpo di grazia alla extramondanità della salvezza attraverso la teoria della predestinazione e del servo arbitrio e impone una visione del mondo in cui, essendo liberi dal meritarsi il paradiso attraverso la necessità delle opere, ci si guadagna profitto e ricchezza attraverso la progressione del proprio lavoro, pulito o sporco che sia. L’accumulo del capitale è segno della benevolenza divina. Si deve allora trovare per il regno dello spirito uno spazio di realizzazione nel qui ed ora. Il nuovo continente, L’America, libera dalle strutture dottrinarie europee e orientata verso la produzione di commenti scritturali autonomi, viene investita della missione di costituire una vera e propria universitas Christiana, che altro non è se non il progetto di un imperialismo para cristiano. Mi permetto di sottolineare che  addirittura la cultura alternativa degli anni Settanta deve pagare un debito a questa visione immanente del Paradiso. Philip K. Dick interpreta il passo evangelico : “Perché il Regno dei Cieli è dentro di voi”(Luca 17, 20-21), come possibilità, attraverso esperienze psichedeliche e addirittura rapimenti da parte di alieni, di raggiungere realmente questa dimensione edenica.

Nessuna fuga. Nuove esperienze societarie e sapienziali, del tutto immuni dal nuovo fideismo sorto nei confronti dello Stato , dovrebbero sorgere invece ora a difesa dei diritti personali, dopo la brutale negazione delle libertà individuali operata dalla politica dell’emergenza sanitaria.

Per Monica Ferrando è il filosofo Locke a dare un energico colpo di scure alle pretese che possa esistere un diritto naturale precedente la Legge. Nessuna regola umana è impressa nei nostri spiriti ed è solo lavorando e studiando  che si può accedere a una dimensione etica, negata agli incolti. Locke sostituisce lo stato monarchico assoluto di Hobbes, con la società civile, in cui però solo gli specialisti possono assurgere a una coscienza morale.  La Scienza rivendica di essere sempre dalla parte del giusto, senza possibilità di smentita, e nega ogni possibile tentativo di discussione: Scienza e Etica coincidono perfettamente ed è un gruppo di eletti a tracciare i confini delle loro asserzioni, non confutabili neppure attraverso l’esibizione di prove certe. La propaganda– tuba mirum spargens sonum– asserisce e nega, come ai tempi di Goebbels. Ricordo che nel romanzo The circle (2013), Dave Eggers immagina una struttura aziendale in cui la ricerca scientifica non può svilupparsi se non attraverso paradigmi di trasparenza esistenziale assoluta: ogni materiale biografico deve essere accessibile in tempo reale ad ogni membro, ogni minuto vissuto deve essere condivisibile e visibile in chiaro. A questo genere di condotta morale ineccepibile, indotta dal controllo totale, può arrivare la società dei tecnocrati neo puritani di una qualsiasi Silicon Valley.

Altra tesi sviluppata da Monica Ferrando è che il canone estetico riveli sempre la sua finalità ideologica. La Germania, superando lo stile latino di cui fu mecenate nel Rinascimento la Chiesa romana, abbraccia con Winckelmann la purezza greca: “Non si era trattato di un cambiamento di stile, in realtà, ma di una trasmutazione dei valori (Umwertung) che superava l’Umanesimo e inaugurava un modo nuovo di porsi di fronte al passato”.(pp. 72-73) Ma cultura e vita si intrecciano pericolosamente ed ecco che “a profilarsi, minaccioso e perfetto, è un nuovo statuto del corpo, di tipo spartano, cioè militare.”(p. 74) Quei corpi, dopo le prove generali nello stadio di Norimberga, avrebbero dovuto sfilare superbamente attraverso la Capitale Mondiale Germania, progettata dal Superclassicista Albert Speer.

La citazione da Primo Levi, ne I sommersi e i salvati, è indispensabile per comprendere la continuità tra lo spietato metodo nazista e l’eredità ideologica che le forze capitaliste postbelliche hanno custodito e fatto fruttare: “La distruzione di un popolo e di una civiltà si è dimostrata possibile, e desiderabile sia in sé, sia come strumento di regno.(…) Dopo la disfatta, la silenziosa diaspora nazista ha insegnato le arti della persecuzione e della tortura ai militari ed ai politici di una dozzina di paesi, affacciati al Mediterraneo, all’Atlantico ed al Pacifico. Molti nuovi tiranni tengono nel cassetto la «Battaglia» di Adolf Hitler: magari con qualche rettifica, o con qualche sostituzione di nomi, può ancora venire a taglio.”(pp. 148-149). Ma la colonizzazione esterna delle nazioni corrisponde internamente alla sollecitazione di quella zona grigia, virtualmente presente in ogni stato di pigrizia mentale e cieco conformismo al potere”(p. 146), che Hanna Arendt localizzava come banalità del male.  Omologazione, pensiero unico, accettazione acritica di ogni informazione ufficiale, sino a “produrre immancabilmente la situazione psicologica generale necessaria a rispondere in modo massiccio e prevedibile a un dato evento.”(p. 132)

È l’altro Levi allora, Carlo, a combattere la visione universalistica e la globalizzazione ante litteram, con il tentativo assolutamente necessario di legare il processo filosofico e artistico al particolare del territorio. Se il  suo patrimonio artistico, le tradizioni, le feste sono state catalogate e mummificate dalla storia dell’Arte, dall’antropologia e dall’etnologia, il Sud deve ritornare a proporsi come  libero crogiuolo creativo , dove la norma e la serialità  hanno scarsa presa. L’esempio scelto da Monica Ferrando ricuce ancora l’antica radice religiosa, con le necessità dell’attuale strategia di  riconoscimento e resistenza: “La tunica di Gesù, come tutti una volta sapevano nel Sud dell’Europa, era inconsutile, cioè senza cuciture, a indicare che l’umano, nella perfezione di cui Gesù può essere simbolo, non è una somma di pezzi, una annessione di territori e di culture da unire insieme col fil di ferro dell’evangelizzazione, ma è già sempre tutto d’un pezzo e indivisibile.”(p. 112)

 A ricucire invece l’inizio e la fine del libro è la donna, tanto nella manipolazione della sua figura e del suo richiamo, quanto nella verità profonda del suo corpo e dei suoi affetti. Monica Ferrando a conclusione richiama la figura di una Grimilde nordica, che per Fabrizio De Andre di “Storia di un impiegato” si incarnava nella Statua della Libertà americana. Mi si permetta, con un sorriso maligno, di riconoscerne  ora le fattezze nella Presidente del Consiglio Europeo, Ursula von der Leyen. .A questo modello in apertura si contrapponeva la sposa del Cantico dei Cantici, bruna, ma bella, meridionale, scartata alla fine per la sua allegoria troppo sciolta e perturbante.  La sposa guardava fissa e senza soggezione negli occhi dello sposo.  Ora, che la parabola costrittiva si è conclusa, più che al distoglimento si è arrivati a quell’accecamento profetizzato da Pier Paolo Pasolini e ribadito efficacemente da Ferrando:

Si tratta, per la macchina teologica-economica ispirata dal protestantesimo come religione del capitalismo, di riuscire a fare sì che i destinatari dell’imperialismo culturale –cioè le classi che lo subiscono maggiormente sul piano economico – guardino se stessi e il loro mondo con occhi che non appartengono più a loro e al loro mondo.”

(p. 130)

La possibilità di un riscatto di fronte a questa o qualsiasi morte, è la sapienza della madre o sapienza come madre, custode di una legge propria della natura umana che nessun diritto potrà sovrastare.  Vado con la memoria alle madri descritte da Primo Levi che nel campo di concentramento di Fossoli lavano e preparano cibo e giocattoli per i loro bambini, anche se sono perfettamente consapevoli che la destinazione del viaggio sarà Auschwitz. Alla voce di una donna, Simone Weil è riservato nel libro di Monica Ferrando il congedo,  che è un incitamento a un nuovo e definitivo riscatto: “è tempo di rinunciare a sognare la libertà, e di decidersi a concepirla.” (p. 150)


Monica Ferrando

Ha pubblicato vari studi di filosofia e pittura. Ha curato le edizioni italiane di Triade e de I nomi degli Dei di Hermann Usener, di Ercole al bivio di Erwin Panofsky e di La pittura e lo sguardo di Avigdor Arikha (Neri Pozza, 2016). Dirige la rivista on-line «de pictura» www.quodlibet.it/riviste/testata/80. Ha pubblicato L’oro e le ombre (Quodlibet, 2015), Il regno errante. L'Arcadia come paradigma politico (Neri Pozza, 2018)


Paolo Gera

Paolo Gera (1959) : dopo essersi laureato  con  Edoardo  Sanguineti, si è dedicato all’attività drammaturgica e teatrale con il gruppo di ricerca Koinè e ha fondato con Alessandra Gasparini il Teatro della Pozzanghera. Ha pubblicato quattro  raccolte poetiche: L’ora prima (Rossopietra 2016),  Poesie per Recaptcha (Oèdipus 2018), In luogo pubblico (puntoacapo 2019), Ricerche poetiche (puntoacapo 2021).  Ha fondato il gruppo “Fissando in volto il gelo-poeti contro il greenpass”, di cui è membro attivo.

 

 

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