SPERARE L'INSPERABILE: Angelo Tonelli, Nel nome di Sophía-Un manifesto contro il transumanesimo" (Agorà&Co.,2022), a cura di Paolo Gera
Ci sono intellettuali talmente
concentrati a elaborare al tavolino trattati contro la pena di morte da non
accorgersi che nella camera accanto stanno torturando un prigioniero sino allo
stremo. Eppure le urla sono strazianti, disperate. La crisi pandemica ha
evidenziato drammaticamente questo scollamento fra fulcri di interesse teorico
e riallacciamento alla prassi, all’intervento nella realtà concreta, alla presa
di posizione. Filosofi che hanno studiato in maniera approfondita la dialettica
messa in evidenza dagli antichi greci fra techne e Psiche, non hanno rilevato abnormità
nel fatto che la scienza diventasse Legge e hanno anzi attaccato ferocemente
chi si permetteva di usare il proprio senso critico per indicarne l’abuso e
l’innaturale stortura. Ma spesso anche le prove empiriche, esibite sotto gli
occhi di tutti, vengono negate, in nome di un partito preso ipocrita e
accecante.
Lo scrittore inglese E.M. Forster, in uno dei suoi libri più famosi, “Howards end”, indica come principale difetto del borghese capitalista l’ottusa incapacità di collegare fatti evidenti fra loro. La caparbietà della negazione nasce più da un offuscamento volontario del sentimento che della ragione. “Only connect”: oggi basterebbe questo, ma molti non ‘mettono insieme’, per opportunismo o per paura. Credo invece che proprio in questo sguardo profondo alla relazione fra le cose, consista il nucleo pulsante del ricchissimo libro-pamphlet di Angelo Tonelli , “Nel nome di Sophía – Manifesto contro il transumanesimo”. Tonelli, come altri studiosi del pensiero greco parte dall’hýbris, dalla tracotanza dell’uomo nel superare i limiti della natura, ma lo fa per collegare con esattezza l’ammonizione remota al pericolo presente. Così, come erudito, dall’alto della sua conoscenza, potrebbe limitarsi a uno studio circoscritto, ma generale sui miti e sulla tragedia. Numerosi testi a noi arrivati mettono in guardia, come avverte Tonelli “dal commettere hýbris o di macchiarsi di superbia o tracotanza, inclinazioni distruttive e autodistruttive dell’uomo che altera l’equilibrio della natura.”(p. 13)
E in effetti la parte iniziale del libro
è un elenco colorito di storie che da piccolo mi spaventavano, perché si
concludevano con una punizione tremenda: Dedalo e Icaro, Prometeo, Serse, il re
persiano che ebbe l’ardire, attraverso un immenso ponte di barche, di
trasformare il mare dell’Ellesponto in
terra ferma. Tutti questi personaggi, sino
al dottor Frankenstein nato dalla penna di Mary Shelley, superano i limiti di
conoscenza e di azione imposti dagli dei e dalla natura e subiscono un
inflessibile castigo. Ma è lo scatto successivo a risultare essenziale: il riconoscere l’ammonimento archetipico nel progetto di
trasformazione del mondo attuato
attraverso il Transumanesimo. In questo momento storico la figura
dell’intellettuale ‘impegnato’ alla Camus, tanto per intenderci, sta acquisendo
un’aura diversa, quella del ‘risvegliato’. Questi ultimi anni hanno svolto la
funzione di micidiale deterrente per catalessi permanenti o risvegli
definitivi. Tonelli cita Eraclito: “Per i risvegliati (egregorósin) c’è un cosmo unico e comune, ma ciascuno dei
dormienti si involge in un mondo proprio”. (22B89 DK). E subito dopo: “Gli
iniziati, i risvegliati alla Sapienza riconoscono l’unità e l’interrelazione di
tutte le cose, mentre i molti vivono chiusi nel proprio mondo, sigillati
nell’individuazione che edifica reti illusorie di conoscenza.”(p. 66)
Risvegliarsi, uscire dal sonno, cogliere l’interrelazione di tutte le cose. Le
ombre proiettate nella nuova e superaccessoriata caverna platonica attingono le
loro tinte più colorate e fosche dalle applicazioni tecnologiche. La linea di
condotta è duplice. La prima prevede
attraverso la robotica la creazione di androidi perfetti in grado, attraverso
l’accumulo impressionante di informazioni, di interagire con l’uomo e di dare
risposte che hanno la presunzione di essere giuste. L’esempio più inquietante
citato da Tonelli è quello del robot monaco Android Kannon, programmato in
Giappone per diffondere il credo buddhista e in grado di imprigionare
indefinitamente il karma dell’Illuminazione, in quanto non destinato al
deperimento, alla morte. Certo, metalli preziosi e circuiti elettronici, invece
di carne e sangue.
L’altra prassi, forse ancora più
temibile, è il rendere lo stesso homo sapiens una
macchina, attraverso il controllo perpetuo
della sua salute, delle sue relazioni, dei suoi pensieri, applicando
alla sua indole libera la violenza della statistica e della prevedibilità.
Microchip nel corpo: il popolo degli uomini costantemente sorvegliato in veglia
e in sonno. La tecnica supera i limiti corporali e fisici dell’uomo in quello
che si prefigura, nella sua violenza inaudita, come uno stupro antropico
permanente.
Il sapiente deve indicare a tutti questa
prevaricazione per cercare di prevenirla e sanarla. La sapienza e la politica devono ritrovare un
punto di congiunzione. Angelo Tonelli indica un percorso di attivazione di
antichissime e nello stesso tempo nuove modalità, in cui il filosofo, piuttosto
che astrarsi in speculazioni lontane dall’utile pubblico, partecipa attivamente
alla vita politica della sua comunità. Nel libro vengono citati gli esempi di Parmenide,
Empedocle, Zenone, Melisso, Pitagora, Socrate e Platone, ma fra questi un posto
di rilievo viene affidato ad Eraclito. “via in alto via in basso una sola la
medesima”.(22B60 DK) (p.75) Come ad affermare che non ci sono distinzioni
di percorso tra l’elevazione mistica e l’impegno attivo nella polis. Si sale sulla collina, nel bosco sacro, per attingere ai misteri degli iniziati, ma
poi si scende nell’agorà per mettere la sapienza accumulata al servizio del
buon governo. La sapienza di Eraclito
viene definita noètica, “vale a dire intuitiva, che ricompone la scissione tra
particolare e universale, è conoscenza diretta dell’ordito unitario del cosmo
che attraversa e pervade le singole forme, e le unifica e governa, come accade
alla comunità politica per effetto della legge. E ciò che governa l’agire umano
(la legge) è nutrito dalla legge divina
che regge tutte le cose – e dunque è immanente a esse – e trabocca da essa,
rivelando anche la propria trascendenza.”(p. 76) Il fatto di riferirsi a un
ordine armonico sovra-naturale che regola sia i movimenti del cosmo che degli
uomini è fondamentale per i sapienti greci; l’età della decadenza inizia con la
scuola dei sofisti e con l’abbassare quindi la politica al livello di inganno della parola
e a indirizzarne la finalità verso interessi di tipo personali. Mi permetto di riportare
qui, al di là delle citazioni testuali di Tonelli, un brano di Jean- Pierre
Vernant. Con l’avvento della scuola sofistica si arriva “all’elaborazione di
una sorta di filosofia tecnica, d’una teoria generale della téchnē
umana, del suo successo, della sua potenza. Nella maggior parte dei sofisti il
sapere riveste la forma di ricette che possono essere insegnate. Per loro il
problema dell’azione non concerne più i fini
da riconoscere, i valori da definire, ma si pone in termini di puri
mezzi: quali sono le regole del successo, i procedimenti di riuscita nei
diversi campi della vita?” (J.P. Vernant, Forme e limiti del pensiero tecnico, in Mito e pensiero presso i Greci,
Einaudi, 1984, p. 319) I corsi di terrorismo neo-liberale dei Chicago Boys,
quelli di Davos per pianificare il Grande Reset, i corsi UE del 2013 per
dirigere il panico in caso di pandemia, sono i mostruosi risultati attuali di questa antica didattica della potenza e
del successo. L’obbiettivo è di trasformare l’interesse particolare in Legge
sancita ed è in questo senso da interpretare l’antinomia evocata dal titolo del
libro di Angelo Tonelli: all’”Obbedite! Nel nome della Legge”, si contrappone il
“Partecipate! Nel nome di Sophia!”.
Eraclito, esemplarmente, partecipò alla vita politica, non in maniera strumentale, ma radicalmente critica: “Richiesto di dare loro leggi non rispose perché la città era ormai in balia della peggiore forma di governo. Ritiratosi nel tempio di Artemide passava il tempo a giocare agli astragali con i bambini, e agli Efesi che si radunarono intorno a lui disse: “Di cosa vi meravigliate, o pessimi? Non è meglio fare questo che partecipare con voi alla vita della città?”. (Diog. Laert. IX, 2, 6)
(p. 78)
Il controllo esercitato dal potere si basa sulla prevedibilità
degli eventi, sulle disposizioni applicative che non possono scartare dai
binari stabiliti, da schemi strategici ripetitivi che prevedono il
raggiungimento di un obbiettivo sicuro. Il virus, la diffusione della paura, la
propaganda, la vaccinazione di massa. Tonelli attraverso le parole di Eraclito
oppone la celeste imprevedibilità degli eventi: “L’eternità è un fanciullo
che gioca, muovendo i pezzi sulla scacchiera: di un fanciullo è il regno”.(22B52 DK) (p. 77)
Il cuore è leggero. È la
seconda volta, a proposito di Eraclito, che si citano i bambini in un’accezione
di vitale antagonismo rispetto alla mente ordinatrice e al disincanto degli
adulti. L’uomo dionisiaco “che unisce
distacco e passione in una via intermedia di equilibrio”(p. 77) è una specie di
bambino che scorge sotto l’apparato decorativo la verità essenziale – il re è nudo – e propone di
sostituire ai retaggi realistici del potere una nuova frontiera utopica in cui
il cambiamento è lontano, ma possibile: per arrivarci occorre semplicemente sperare
l’insperabile. Gli adulti-bambini, ovvero gli ingenui individui che
abboccano a pensieri e parole elaborate da altri, sono invece tutti quegli uomini non avvezzi a indagare la verità
a cominciare da se stessi. I libri, come ogni altro dispensatore di
informazione e cultura, sono oggi
suggeriti come strumenti di svago e hanno perso quella dimensione sacrale – non appesantiti dai dogmatismi
dell’interpretazione – a cui vuole attingere Angelo Tonelli. Composto da brevi
capitoli che ricompongono un’unità sapienziale forte e lieve nello stesso
tempo, “Nel nome di Sophia” anche nella forma compositiva è specchio della “chiave antica
che apre la soglia all’homo novus nella modernità.
È questo il nucleo della Sapienza, valido in ogni luogo e in ogni
tempo, il distillato più alto della conoscenza umana, purché non sia
un’acquisizione puramente intellettuale, ma un sentire profondo”.(p.59)
All’homo deus di Harari viene contrapposto l’homo novus, alla
contrapposizione fra blocchi geopolitici il dialogo fra Occidente ed
Oriente, alla globalizzazione delle
merci e dei consumatori, la cosmicizzazione delle azioni virtuose e dei
cittadini coscienti. Sperare l’insperabile diventa la parola d’ordine, il
messaggio, il mantra dei risvegliati: la realizzazione passa attraverso un’antropologia
della trasformazione, l’obbiettivo lontano, ma non impossibile, è il
raggiungimento di una democrazia sapienziale. (p.84)
“Soltanto la speranza dell’insperabile (insperabile per la ratio controiniziatica dominante e la pulsionalità psicoide maggioritaria), ovvero il progetto concreto di una civiltà pacifica e solidale fondata sulla progressiva illuminazione degli individui e delle élite di potere (processo che può richiedere innumerevoli anni) può guarire la civitas contemporanea dalla sua follia: tentare di uscire da un manicomio è cosa più sensata che abituarsi a restarci dentro in nome di un realismo masochistico e distorto o di un utilitarismo che massacra la vera natura interiore degli umani.”
(p.81)
Paolo Gera
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