“TRATTATIVE” DI SPYROS L. VRETTOS a cura di Chiara Catapano

 


TRATTATIVE” DI SPYROS L. VRETTOS

a cura di Chiara Catapano


Quest'anno il Premio della Critica del Sandomenichino è andato alla raccolta del poeta greco Spyros L. Vrettòs “Trattative”, uscita in edizione bilingue a inizio 2022 per Puntoacapo, in traduzione di Chiara Catapano.

E', quest'ultima raccolta di Vrettòs, un approdo alla maturità poetica. Non certo un punto fermo d'arrivo, ma potremmo dire un momento di raccolta e di raccoglimento, che coinvolge sia i rapporti tra i singoli – la storia piccola – che le riflessioni sugli intrecci tra la vita di ognuno e la Storia grande.

Questa raccolta, ci racconta l'autore, è stata scritta in un arco di tempo di diversi anni. Ecco perché al suo interno, accanto alle vicende di una coppia che cerca di ritrovare un proprio equilibrio, ci imbattiamo in avvenimenti della storia recente di Grecia, come la “lunga notte di Tsipras” a Bruxelles, nel 2015: la svendita di un paese, il suo disperato tentativo di sopravvivere, le trattative con i vincitori; tutto questo si mescola alle trattative tra un uomo e una donna che si conoscono da anni e si rispecchiano dentro a una quasi simbiosi. La necessità di trattare per potersi di nuovo riconoscere in se stessi e nell'altro si mescola alla difficoltà di comprendersi, agli slanci, al senso di giustizia...

Il tutto è intessuto dentro una cornice molto particolare. All'inizio, l'autore ci informa che qualcuno si è auto nominato giudice istruttore, e che ha posto il proprio ufficio in una camera d'albergo, per indagare su un “fatto”, e che tutta la sua indagine è volta a scoprire cosa questo fatto rappresenti. In questa stanza d'albergo si svolgeranno gli interrogatori, e qui l'uomo conoscerà la coppia intorno cui “il fatto” ruota.

Anche le scelte stilistiche mutano, mano mano che i personaggi concretizzano una svolta interiore. Dal verso libero delle prime due sezioni (“Il giudice istruttore e il fatto”, “Continue trattative”), si passa alla prosa poetica della terza ed ultima sezione (“Piccola storia d'amore”), dove la densità e l'alleggerimento linguistico di alternano e concretizzano nel suono il prepararsi dell'epilogo.


Trattative” porta nei nostri giorni la forma (alterata dalle concrezioni dei secoli) della tragedia antica. Ce la consegna senza fanfàre e senza bruschi strappi dal presente: semplicemente ci ricorda la continuità di ciò che l'essere umano ha vissuto e vive, sul piano storico-sociale e su quello intimo, personale. E sottolinea, nel dare forma alle scene, ciò che non siamo più capaci di dire, ciò che è stato dimenticato, e che attende di essere riscoperto dentro di noi.



Dalla postfazione di Chiara Catapano:


Quando Spyros L. Vrettòs mi recapitò i suoi libri, in pochi minuti mi ci ritrovai immersa. Trovai qui una casa, trovai un paesaggio. È questo un dato forse molto personale, perché la vena d’oro della sua percezione nel sentire i sensi, nel portarli altrove, nel riversarli sulla pagina battezzati di luce nuova, è ciò che più cerco in poesia. Mi stupii che questo incontro non fosse avvenuto prima. E sempre con stupore, pagina dopo pagina, emergevano immagini legate alla sua poesia da un’invisibilità palpabile di migliaia d’anni. Sentii risuonare i passi del Coro dell’Antigone di Sofocle, accolsi come rinnovate le parole della Sentinella, nel prologo dell’Agamennone di Eschilo: l’alto canto e il più umano canto. Il silenzio del tragico, di contro allo strepito con cui oggi tendiamo a urlare quanto non siamo più capaci di comprendere. Le parole del pensiero e del sentire. Le parole di tutti, che in pochi san pronunciare. E ripensai anche al mio amatissimo Giovanni Boine, quando recensendosi in merito al romanzo “Il peccato ed altre cose” (il primo vero romanzo novecentesco italiano) affermò: “L’intenzione generale era di rappresentare quel lirico intrecciarsi di molto pensiero sulla scarsezza di pochi fatti; quel continuo sconfinare della poca cronistoria esteriore nella contradittoria, nella dolorosa, angosciata complessità del pensare che è la vita di molti e la mia”.


Di quest’ultimo libro di Vrettòs, desidero sottolineare un passaggio, per rispondere all’esigenza di una delle voci di quest’opera:


La mia fine, inizio.

E dall’inizio di nuovo verso la fine.


E per rispondere all’urgenza di una ricerca che sempre più sento viva in altre voci, quelle di quanti mi parlano, avvicinandosi spogliati dalla paura delle proprie paure: l’evento che dura, siamo noi.

Le poesie di Vrettòs sono ciottoli antichi, memoria resa liscia dal tempo. E torna a me un pensiero intorno alla ricerca estenuata della poesia degli ultimi decenni, quel bisogno di dire con originalità: la lingua greca, e i custodi della sua memoria, i poeti, ci insegnano ancora e ancora che originale significa tornare all’origine, saperci donare il mondo come terra appena bagnata dalla pioggia di primavera.


Un appunto vorrei farlo anche a proposito dell’editore, Samis Gabriilìdis, scomparso il 12 febbraio 2020: fondò la casa editrice che porta il suo nome nel 1988. L’attenzione per la poesia che respiravi nei locali in via Aghias Irinis, ad Atene, con i tavolini in legno scuro e il caffè ove sedevano scrittori, avventori-lettori e qualche turista, ha lasciato in me un profondo senso di riconoscenza verso l’uomo che ha saputo circondarsi di bellezza, e di riconsegnarla così al mondo: forse le tragiche vicende della madre, Carolina Gavriilìdou, deportata nei tre più tristemente noti campi di concentramento nazisti, hanno acuito in lui l’urgenza dell’umano nell’arte e nelle lettere.

La chiusura definitiva delle edizioni Gavriilìdis ha lasciato un profondo vuoto nel mondo della poesia greca.


Buona lettura.


***


Trattative per il prestito di un paese

I
(il rappresentante dei creditori)

Pian pianino dunque e con la serietà che bisogna.
Senza fretta escono le nostre parole
soffrano infine di molto equilibrio e studio.
Non si vedrà la sconfitta di nessuno.
Non si vedrà che qualcuno ha perso dalle trattative.

Tuttavia – a pensarla meglio –
pensateci a noi i potenti.
Non deve apparire che in nessun modo siamo arretrati.
Sia allora vostra una sconfitta.
Una sconfitta della parte debole,
ma non così lontano da un buon
un certo buon compromesso,
è ben tollerata dal mercato,
il denaro schizzerà alle stelle.

Poiché le nostre parole bisognerà che le consegniamo dopo,
noi vendiamole ai mercati e ai popoli,
voi incidetele profondamente in bocca, mentre le dite,
sia vostra la sconfitta, allora.
Sempre in bocca una sconfitta meglio si registra.
Siate voi gli esistenzialisti
– il più valido per voi documento –
e rimaniamo noi semplicemente i forti
– è questa la nostra ritirata.

E per quanto riguarda la “crisi umanitaria”
– ciò che volete entri a tutti i costi dentro il testo –
preferiamo in sua vece le parole “parte del popolo”.
Perché anche noi in un modo o nell’altro ricordiamo il senso.

Διαπραγματεύσεις για το Δάνειο μιας χώρας


Ι


(ο εκπρόσωπος των δανειστών)

Σιγά σιγά λοιπόν και µε τη σοβαρότητα που πρέπει.
Χωρίς βιασύνη οι λέξεις µας να βγουν
κι ας πάσχουν τελικά από πολλή ισορροπία και µελέτη.
∆εν θα φανεί η ήττα κανενός.
∆εν θα φανεί πως κάποιος έχασε απ’ τις διαπραγµατεύσεις.

Όµως – καθώς το σκέφτοµαι καλύτερα –
σκεφτείτε µας κι εµάς τους δυνατούς.
∆εν πρέπει να φανεί πως οπισθοχωρήσαµε καθόλου.
Ας είναι λοιπόν δική σας µια ήττα.
Μια ήττα της αδύναµης πλευράς,
αλλ’ όχι και τόσο µακριά από έναν καλό,
κάπως καλό συµβιβασµό,
είναι καλοδεχούµενη στις αγορές,
τα χρήµατα πετάγονται στα ύψη.

Αφού τις λέξεις µας θα πρέπει να τις δώσουµε µετά,
εµείς να τις πουλήσουµε στις αγορές και στους λαούς,
εσείς να τις χαράξετε βαθιά στο σώµα, καθώς λέτε,
έστω µια ήττα σας λοιπόν.
Πάντα µια ήττα εγγράφεται καλύτερα στο σώµα.
Ας είστε εσείς οι υπαρξιακοί
– το πλέον ισχυρό για σας χαρτί –
κι ας µείνουµε εµείς απλώς οι δυνατοί
– είναι η δική µας υποχώρηση αυτή.

Κι όσο για «κρίση ανθρωπιστική»
– αυτό που θέλετε οπωσδήποτε στο κείμενο να μπει –
αντί γι’ αυτό προτείνουµε τις λέξεις «µέρος του λαού».
Γιατί κι εµείς κάπως θυµόµαστε την έννοια.

*

Dialogo


Perché mi ha mandato a trovarti? le dice.
Perché non sapevo se esisto, gli risponde.

Queste le loro parole
quella mattina.
Fino a quell’attimo
lui si rigirava sudato
come acqua e senza carne.
Gli era sfuggito tutto
gli era caduto per strada cercando,
e neppure per un momento domandò
– a se stesso cioè –
perché andarla a cercare
visto che lei era lì,
lei glielo aveva ordinato,
“forza” disse “trovami,
cerca bene nei luoghi
trascorsi come anni”.

E lui perché mettersi a cercarla
poiché sapeva che non esisteva;
non lei
ma lui.

Διάλογος


Γιατί µε έστειλες να σε βρω; της λέει.
Γιατί δεν ήξερα εάν υπάρχω, του απαντάει.

Αυτά ήταν τα λόγια τους
εκείνο το πρωί.
Μέχρι εκείνη τη στιγµή
αυτός γυρνούσε ιδρωµένος
σαν νερό και δίχως σάρκα.
Όλα τού φεύγανε
τού πέφτανε στους δρόµους ψάχνοντας,
κι ούτε στιγµή δεν ρώτησε
– τον εαυτό του δηλαδή –
γιατί να ψάχνει να την βρει
αφού αυτή εκεί βρισκόταν,
αυτή του έδωσε την εντολή,
«άντε» του είπε «να µε βρεις,
ψάξε καλά στα µέρη π
ου περάσανε σαν χρόνια.»

Κι αυτός γιατί να ψάχνει να την βρει
αφού το ήξερε πως δεν υπήρχε΄
όχι αυτή
αλλά αυτός.

*

Lo scultore e la sua pietra


La luce come foglie cade su di lui
e lo ridesta.
Lo sveglia la luce, lo svegliano le foglie.
Si sveglia, e come marchio cade la luce sopra la pietra.
Ombre che di fianco s’allungano
accentuano la pietra scolpita
e l’ostinata formica rivelano
quando anche lei si desta dalla sua crepa,
tutto in luce,
con un’ombra come di dieci corpi.

Ed ecco, il falco ghermisce il passero
sulla spina più alta della ginestra.
A cinque metri da lui.

Ed ecco, la scintilla della pietra
dal colpo del martello.
A mezzo centimetro dall’occhio
la pietra si spacca.

Colpisce dolcemente la pietra
come a volerla lusingare.
Colpisce con forza la pietra
perché da lì uscirà ciò ch’è nascosto.
Colpisce più in là di dove avrebbe voluto
per evitare la formica.
Un po’ sghembo verrà fuori il naso
un po’ storta la bocca
un po’ singolare la parola
parlata dalla statua.

Ed ecco, il falco di nuovo s’avventa
per prendergli la pietra.

Ed ecco, lui trattiene a sé la pietra.
La sgrossa.
La brucia con la scintilla.
“Col fuoco imbeccherà il falco i suoi piccoli?”

S’avvicina di nuovo al muro a secco.
Mille forme di pietre scolpite.
Quale scegliere per il sacrificio?

Ο γλύπτης και η πέτρα του


Το φως σαν φύλλα πέφτει επάνω του
και τον εγείρει.
Ξυπνά από φως, ξυπνά από φύλλα.
Ξυπνά κι είναι σαν στίγµατα το φως πάνω στην πέτρα.
Σκιές που µεγαλώνουν πλάγια
τονίζουν την πέτρα τη γλυπτή
και το επίµονο µυρµήγκι φανερώνουν
καθώς από την τρύπα του εγείρεται κι αυτό,
όλο στο φως,
µε µια σκιά σαν δέκα σώµατα.

Και να, το γεράκι γραπώνει το σπουργίτι
στο ψηλότερο αγκάθι του ασπάλαθου.
Στα πέντε µέτρα από αυτόν.

Και να, ο σπινθήρας της πέτρας
απ’ του σφυριού του το χτύπηµα.
Στο µισό εκατοστό από το µάτι του
η πέτρα που σπάει.

Χτυπάει την πέτρα απαλά
ότι την καλοπιάνει.
Χτυπάει την πέτρα σκληρά
ότι από εκεί θα βγει το κρυµµένο.
Χτυπάει πιο κει απ’ όπου ήθελε
για να αποφύγει το µυρµήγκι.
Λίγο λοξή λοιπόν θα βγει η µύτη
λίγο λοξό το στόµα
λίγο αλλιώτικος ο λόγος
που το γλυπτό θα µιλήσει.

Και να, το γεράκι και πάλι ορµά
για να του πάρει την πέτρα.

Και να, αυτός κρατάει την πέτρα του.
Την πελεκά.
Με τον σπινθήρα την καίει.
«Φωτιά θα ταΐσει το γεράκι τα παιδιά του;»

Πηγαίνει πάλι στην ξερολιθιά.
Χίλιες γλυπτές πέτρες µορφές.
Ποια να διαλέξει για θυσία;

*

L’essere umano è donna


Il paesaggio ove incedi diviene alle volte un essere umano che ti guarda. L’essere umano è una donna. Comprendi a fondo tutta la catena montuosa. Appuri che montagna non esiste e la donna è la catena montuosa. Lei è l’intero paesaggio. Dinnanzi a lei, lì dove normalmente dovresti esserci tu, nulla sussiste. E allora chi è colei che ha ingoiato il paesaggio e chi sei tu che hai immaginato la donna nell’irreale profondità? Ripieghi in mezzo al nulla. Ti giri e guardi indietro, lì ov’è il grande specchio. Quello da cui sei uscito. Nello specchio vedi la donna e non dubiti della sua realtà.

Perché m’hai spedito a cercarti? le dici.
Perché non so se esisto, ti risponde.
Allora sei certo che lo specchio si trovi dall’altra parte.

Ο άνθρωπος είναι γυναίκα


Γίνεται καµιά φορά το τοπίο όπου προχωράς άνθρωπος που σε κοιτά. Ο άνθρωπος είναι γυναίκα. Καταλαµβάνει όλη την οροσειρά στο βάθος. ∆ιαπιστώνεις πως βουνό δεν υπάρχει και η γυναίκα είναι η οροσειρά. Αυτή είναι το τοπίο ολόκληρο. Μπροστά της, εκεί που κανονικά θα έπρεπε να είσαι εσύ, τίποτα δεν υπάρχει. Και τότε ποια είναι αυτή που κατάπιε το τοπίο και ποιος είσαι εσύ που φαντάστηκες τη γυναίκα στο ανύπαρκτο βάθος; Οπισθοχωρείς µέσα στο τίποτα. Γυρίζεις και κοιτάς προς τα πίσω, εκεί όπου είναι ο µεγάλος καθρέφτης. Αυτός απ’ τον οποίο βγήκες. Στον καθρέφτη βλέπεις τη γυναίκα και δεν αµφιβάλλεις για την αλήθεια της.

Γιατί µε έστειλες να σε βρω; της λες.
Γιατί δεν ξέρω εάν υπάρχω, σου απαντάει.
Τότε βεβαιώνεσαι πως ο καθρέφτης είναι από την άλλη µεριά.


Spyros L. Vrettòs (Lefkada 1960) ha studiato legge ad Atene. Vive e lavora come avvocato a Patrasso. Ha pubblicato nove raccolte poetiche, un’antologia, tre saggi e due libri di racconti (l'ultimo, “Η Ψίχα- La Mollica, è uscito a novembre 2022). Le prime cinque raccolte sono state tradotte in inglese da Philip Ramp (Collected Poems, Shoestring Press, 2000). In Italia è comparsa un’antologia con traduzione di Massimo Cazzulo (Il postscriptum della storia, Atelier, 2005). Le sue poesie sono tradotte in molte lingue. Dal capitolo “Medea” della raccolta Accade è stato realizzato il lavoro teatrale Medea di Màros Galani. Dal libro di racconti “Ένας αόριστος άνθρωπος(Un uomo qualunque, Gavriilidis, 2016) è nato uno spettacolo teatrale, per la regia di Artèmidos Grybla (Θέατρο act 2018). Nel 2022 ha vinto il Premio della critica al Sandomenichino con la raccolta “Trattative2, tradutta per Puntoacapo da Chiara Catapano.



Chiara Catapano (Trieste 1975) è poetessa e traduttrice. Collabora con diverse riviste in Italia e in Grecia. Suoi testi sono stati tradotti in diverse lingue. La sua ultima raccolta, “Alìmono”, è stata pubblicata da Eretica nel 2021.




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