L'EDEN DI SERGIO GALLO di Beppe Mariano

 




Il poeta saviglianese Sergio Gallo ha  di recente pubblicato presso l'editrice Sensibili alla foglie la sua nona raccolta poetica: Eden è il suo titolo ed è corredata da bellissime illustrazioni della disegnatrice, drammaturga e regista teatrale Alessandra Gasparini. Si tratta di illustrazioni aderenti alla tematica delle poesie di Gallo, visivamente molto godibili per il loro scintillio cromatico, raffinate e coinvolgenti.

Un altro punto di forza della pubblicazione è la prefazione del poeta Paolo Gera, eccellente per capacità esegetica. 

L'Eden come è ben noto è il luogo del paradiso terrestre perduto. Il termine viene a definire di volta in volta, per estensione, la bellezza naturale della Terra: pianeta, ahinoi, sempre di più storpiato dall'umano, e forse in modo irrimediabile.

"Il suono fragoroso del crollo dei seracchi, degli imperi di Occidente": Sergio Gallo in tale dichiarazione sembra voler scorgere metaforicamente nel crollo parziale della montagna (pensiamo in particolare al franante Monviso) quello stesso di un Occidente che ha adottato in modo "imperiale" un sistema di produzione basato sul consumismo delle merci (e sulla conseguente mercificazione anche dell'uomo) che ha finito per inquinare le nostre menti e, di riflesso, il nostro agire nella natura.

Come già nelle raccolte poetiche precedenti, Gallo innervando ispirazione umanistica con quella scientifica, e in virtù delle sue straordinarie conoscenze botaniche e faunistiche, sa ripercorrere l'intimità della natura terrestre fin negli aspetti più reconditi: la prima parte della raccolta rivolge infatti la sua attenzione a esseri minuscoli, "invisibili" all'uomo comune che neppure ne immagina l'esistenza. 

Il poeta invece li osserva, ne ha cura e se ne avvale anche per ammonirci, alla maniera della poesia antica (vi è, significativamente, in esergo, un detto di Eraclito) spiritualizzando queste entità naturali attraverso un frammento del Mahàbhàrata, come a risacralizzare una natura troppo ormai dissacrata e, per ottusa avidità, resa servitrice. Alle filosofie orientali, mai disgiunte dalla natura, come già per certa poesia americana del Novecento, Gallo sembra ispirarsi con profitto.

Tale bisogno di ritrovata sacralità per un Eden che abbiamo perduto, rimosso perfino dal nostro pensiero, apparentemente senza pena, ma che pure è parte dell'inconscio singolo e collettivo, è una delle belle singolarità di questo libro.

Più che in altre sue raccolte mi sembra che Sergio Gallo in Eden cerchi di risuscitare la sacralità insita della natura, alla quale da tempo si mostra insensibile una certa modernità distratta e superficiale.  Nell'ispirarsi alla varietà animale e vegetale, anche nel solo nominarla con conoscenza specifica, come se si rivelassero di nuovo ad una ad una le entità naturali, sembra verificarsi, come in un rito iniziatico o per sortilegio sciamanino, una speciale transustanziazione, seppure non in schemi liturgici confessionali ma ugualmente di convinta spiritualità.

Questo tendere a "ricreare" l'umano mi sembra oggi particolarmente benvenuto, segnatamente nei giorni delle virulenze appena trascorse e in quelle attuali motivate da una guerra che accanto ai suoi disastri disumani tende a promuovere una ridda di dichiarazioni ipocrite.



Nella sezione "I fiori delle rocce", Sergio s'ispira al tarassaco, al garofano dei ghiacciai, alla campanula dei ghiaioni, all'astro alpino, all'edelweiss, invocando la "gaia linaria,/ le tue corolle blu violacee/ dai labbri giallo zafferano/ spiccano sul grigio delle rocce"… citazione che poi estende alle sassifraghe, allo spinosissimo cardo per finire la parata, sorprendentemente, con “il fiore della Costituzione” dove si rammarica che "non possiamo assistere/ che al lento disfacimento/ del più bel fiore d'Italia", del quale "petalo dopo petalo/ articolo su articolo/ ne viene fatto scempio/ da despoti senza scrupoli".

L'ammonimento è in nome della Costituzione nazionale, immaginata dal poeta come una fioritura laboriosa e mirabile, talvolta offesa se non addirittura sfregiata da politici senza scrupoli: il poeta intende richiamarci al problema d'una legalità sempre minacciata da interessi di parte e talvolta da una visione restrittiva e angusta della libertà dell'individuo. A corollario delle poesie vi sono spesso citazioni poetiche tratte da grandi autori del passato; anche questo insieme al ricchissimo riferirsi alla flora e alla fauna in specie montana, spesso interpretate metaforicamente, costituisce indubbiamente un merito del poeta. La poesia di Sergio Gallo così nutrita di apparati scientifici che s'incarnano nella sapienza umanistica degli avi, arricchita dall'uso di figure retoriche ereditate, sembra essere la poesia  vincente del futuro prossimo. Del resto la coscienza di oggi, orientata sempre di più verso lescienze coinvolge anche la poesia e se vogliamo che essa possa rinnovarsi ed essere ancora poesia autentica,  volta a interpretare il tempo in cui viviamo, non possiamo esimerci dal tentativo d'una unione feconda tra le parti e non più morganatica.


Beppe Mariano


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